Puo’ succedere due volte

Puo’ succedere due volte

Dal Grumman s2f al Breguet 1150 Atlantic

Nisida. Mattino del 20 ottobre 1960.
Inizia l’anno accademico per i neo ammessi Allievi piloti del Corso Vulcano II.
Pochi giorni dedicati alla rasatura dei capelli, alla vestizione, alle prime fondamentali regole della disciplina militare, il cubo, i giri di corsa intorno al campo sportivo, le prime lezioni del biennio di ingegneria.
Colucci, Cennamo, Dedò, tutti nomi di famosi personaggi che hanno contribuito a formare culturalmente, intere generazioni di Ufficiali, i vertici dell’Aeronautica Militare.
Non avrei mai immaginato che l’Analisi Matematica ed in particolare il “calcolo delle probabilità”, a cui l’esimio Professore Colucci, per la nostra scarsa attenzione, dovette dedicare più tempo del necessario, avrebbe avuto riscontro in due particolari momenti della mia carriera aviatoria nella specialità “Caccia Antisommergibili”.
Senza scomodare il lettore con teorie e formule di accademica memoria, diciamo semplicemente che due specifici eventi hanno matematicamente scarse probabilità che si ripetano nel tempo con le stesse modalità.
Ebbene, a chi scrive, sconvolgendo tutte le previsioni scientifiche, il fenomeno si è verificato esattamente in identiche occasioni che vado a descrivere.
Catania-Fontanarossa, 88° Gruppo Antisom, gennaio 1966.
Al Tenente Catalano, neo assegnato al Gruppo e neo patentato Combat Ready sul velivolo di linea Grumman S2F Tracker, venne ordinata una missione di sorveglianza antisom nel Canale di Sicilia.
Si trattava di un volo operativo “reale”, cioè alla ricerca effettiva di unità nemiche, nel caso specifico sommergibile sovietico, che fu scovato dopo oltre tre ore di volo.
Scoperto al radar, dopo un’ora di tracciamento con il MAD (Magnetic Anomaly Detector) e con un tappeto di boe sonore, ai limiti dell’autonomia on task, fu “consegnato” ad un Neptune della US Navy decollato da Sigonella.
Logo del 41° stormo atisomNonostante l’indubbio colpo di fortuna per averlo sorpreso con il radar, perché è raro, quasi un suicidio, che di giorno un sommergibile navighi al periscopio o allo snorkel, l’Alto Comando che aveva ordinato la missione, attribuì al mio equipaggio il “Bravo Zulu” che nella terminologia operativa significa “10 e lode”.
Sigonella, 88° Gruppo Antisom ottobre 1973.
Per i Reparti Antisom dell’Aeronautica Militare è appena iniziata una vera e propria rivoluzione sia per il notevole salto di tecnologia sia per la nuova filosofia di impiego con l’arrivo del nuovo velivolo, il Breguet 1150 Atlantic.
Da un impiego a corto raggio si passa al lungo raggio, da tattico a strategico.
Con il nuovo mezzo l’88° Gruppo, ed il 41° Stormo del quale fa parte, assume una nuova dimensione costituendo una forza moderna e di grande potenza operativa.
Il salto di qualità tra l’S2F e l’Atlantic, è paragonabile a quello vissuto dai miei colleghi quando transitarono dall’F84 e similari, allo F104 Starfighter.
Salto non di una generazione, cronologico, sequenziale, ma abissale, per le nuove tecnologie costruttive, l’elettronica ultimo grido, la differente tecnica di pilotaggio nonché il conseguente concetto d’impiego del sistema d’arma.
In attesa dell’inizio ufficiale dell’attività operativa, stabilito per il 1° gennaio 1974, Maristat decise di assegnare gradualmente missioni di sorveglianza, sia per non lasciare inattivi operativamente gli equipaggi appena qualificati Combat Ready, sia per la particolare situazione geopolitica internazionale in evoluzione nel citato periodo.
Per il Ten.Col. Catalano si ripete, con le stesse modalità, con gli stessi esiti, quanto avvenuto sette anni prima.
Anche questa volta, fui comandato ad effettuare un volo operativo reale da neo Combat Ready, su un nuovo velivolo, l’Atlantic e, di nuovo all’88° Gruppo, dopo vari anni di attività operativa ed istruzionale all’87° Gruppo con gli S2F.
Decollo alle 1800 da Sigonella, Secondo Pilota CC Cuzzola, ricerca e tracciamento di un sommergibile sovietico, non appartenente al gruppo stanziale in Mediterraneo, probabilmente in navigazione tra le coste nordafricane e la Spagna: previsto atterraggio alle 0600 del giorno dopo.
Poco dopo il decollo, già un primo fatto insolito che costituì per tutto l’equipaggio motivo di ilarità. Roma Controllo, con tono di sufficienza, ci chiese ripetute volte di verificare, o meglio, di rettificare, lo stimato di rientro in quanto, per loro, non era possibile che un velivolo A.M. prevedesse l’atterraggio dopo dodici ore di volo!
Alla nostra conferma, corredata da un sintetico briefing sulle caratteristiche tecniche e di volo dell’Atlantic, seguì un cauto ed ossequioso “Roger, richiamare lasciando la zona di operazioni”.
Zona di operazioni che andava da ovest Sardegna fino a Gibilterra.
Primo vero volo operativo a carattere strategico, eccitazione al massimo, controlli e procedure effettuati con la particolare attenzione ed emozione, tipiche dei neofiti (si fa per dire, avevo alle spalle oltre 3000 ore di S2F!).
In ogni Stretto si verifica sempre una concentrazione di traffico, ma mai avrei immaginato di assistere all’ordinato transito di tante navi, dalle superpetroliere ai pescherecci alle barche private, come avvenne quella notte a Gibilterra!
Di conseguenza, dovemmo investigare, in particolare al calare delle tenebre, una miriade di bersagli volando costantemente intorno ai 1500 piedi per poi scendere, nella fase finale, a 100 piedi di giorno e 300 di notte, come da norma.
Mentre i miei occhi e quelli del CC Cuzzola scrutavano la superficie del mare, secondo una particolare tecnica che evita l’insorgere dell’ipnosi, quelli degli Operatori Elettronici erano incollati sugli schermi del radar, delle ESM, per captare il minimo segnale tipico di un sommergibile.
Non ricordo esattamente quante corse d’attacco effettuammo “a tutta canna”, ma varie volte capitammo nei pressi di un magnifico motoveliero che, navigando a luci spente, ci forniva un segnale atipico, simile a quello di una struttura di sommergibile tipo periscopio o snorkel.
La delusione contribuì ad aumentare sempre più la nostra invidia nei riguardi degli occupanti della bella “barca” e, per reazione, a non essere affatto condizionati nell’impiegare le dispendiose boe sonore.
Intanto le ore passavano, senza che ne avvertissimo il peso. La grinta, contagiosa, ci teneva svegli certamente più di quella brodaglia calda che un Operatore di buone intenzioni ci spacciava per caffè.
Atlantic in voloErano le tre di notte e il mio fiuto mi diceva che quella barca nascondeva qualcosa.
Pensai a quante volte scoprimmo sommergibili sovietici che navigavano in formazione (con gradino negativo!) sotto navi mercantili di varie bandiere, perché il rumore dei motori e di cavitazione delle eliche del sommergibile fosse coperto da quello più forte del mercantile.
“Umberto, io un paio di boe le lancio. Male che vada a fine mese facciamo una colletta per ripagarle alla Marina! Sei d’accordo?”
“D’accordo” fu senza esitazioni la risposta che comunque ero certo di avere.
Nuova corsa di attacco, 300 piedi, 250 nodi, on top radar su un piccolo bersaglio quasi coincidente con la “barca”, fuori le boe 1 e 3. Il tempo di sintonizzarsi sulle frequenze prima della boa 1 e poi della 3 e improvvisamente un grido di vittoria, di liberazione, di gioia, perché il suono che ci veniva trasmesso alternativamente dalle due boe, era più eccitante e travolgente della marcia trionfale dell’Aida!
Si trattava infatti di tipico rumore di eliche di sommergibile, azionate da motori elettrici.
Era quello che da ore cercavamo e che non potevamo farci sfuggire!
In quel momento si scatenò tutta l’adrenalina che avevamo accumulato nella fase di ricerca, peculiarità caratteriale e quindi professionale di noi piloti antisom.
Calma ed autocontrollo per ore, senza farsi prendere dall’entusiasmo di un primo, singolo sospetto, e quindi dall’impulsività, per non tradire la nostra presenza, ma poi, al momento opportuno, tirare fuori le unghie e avventarsi sulla preda con lucidità e determinazione.
Mi piace ricordare, infatti, che la caccia antisom si riconduce alla lotta tra due intelligenze: quella del Comandante del sommergibile, che conosce perfettamente le mie tattiche e le capacità tecniche degli apparati del velivolo, contro quella del Comandante del velivolo che, analogamente, sa interpretare e prevedere tutte le manovre evasive ed elusive che possono essere messe in atto dall’avversario.
Pertanto, oltre al solito provvidenziale intervento della dea bendata, talvolta è l’esperienza che fa la differenza, perché, la personale interpretazione di alcuni fenomeni, porta ad assumere decisioni non standardizzate ed eseguire vere e proprie variazioni sul tema, soprattutto allo scopo di essere imprevedibili. L’applicazione rigorosa delle tattiche garantisce sì certi risultati, ma non ha mai partorito particolari successi.
Tornando a quella notte, quella prima notte a caccia del vecchio nemico, con il nuovo velivolo, mettemmo in pratica tutta la nostra robusta esperienza, fatta di migliaia di ore di volo sul mare, in maggioranza notturne, nonché il prezioso addestramento ricevuto dagli istruttori francesi durante il lungo periodo trascorso sulla base dell’Aeronavale a Nimes, in Provenza.
In particolare provammo il gusto della primizia che ci fornì il Jezebel, una nuova apparecchiatura, che non avevamo sull’S2F, che fornisce la “firma” di un sommergibile cioè le sue “impronte digitali”: avevamo scoperto un sommergibile sovietico “Classe J”, di quelli cioè che “fanno male”!
Tuttavia, nonostante le diciannove tonnellate di carburante che l’Atlantic può imbarcare e che gli consentirebbero teoricamente di restare in volo per diciannove ore, il nostro periodo on task stava per esaurirsi e stavamo iniziando a pensare al rientro, quando l’Operatore radio mi informò di aver ricevuto un messaggio cifrato con il quale l’Alto Comando comunicava che “l’americano” sarebbe giunto in zona a rilevare il sommergibile con due ore di ritardo per problemi tecnici.
“Umberto, quanto carburante abbiamo?”
“Sei tonnellate”.
“Allora comunica al Capo che resteremo On Task a tracciare il sub ancora due ore, in attesa dell’americano”.
Passammo quindi dalla notte fonda con un cielo stracarico di stelle, all’aurora e all’alba, a suon di “madman” (contatti certi al MAD ), “ascolta la cinque e bombardo la sette” (sistema Julie che consiste nel determinare la posizione del sommergibile sfruttando il principio della propagazione del suono in acqua partendo da un punto certo, una boa passiva, su cui si lancia una carica esplosiva. Il tempo che intercorre tra l’esplosione e l’eco del bersaglio, fornisce una circonferenza, luogo di punti su cui si trova il battello. Bombardando più boe, si ottengono più cerchi intersecanti che risolvono l’ambiguità e quindi il punto esatto) ma soprattutto a gustarci la grande novità del Jezebel.
Sette anni prima, in analoga situazione, dirigevo un quartetto affiatato. Ora dirigevo una grande orchestra di tredici professori. Mi sentii tanto Von Karajan!
Ed è in questa semplice, forse vanesia, considerazione racchiusa quella diversità a cui accennavo precedentemente quando cercavo di spiegare il salto di qualità di cui furono protagonisti gli equipaggi che transitarono dal vecchio, glorioso S2F all’Atlantic.
Atterrammo a Sigonella alle 0800.
Quattordici ore di volo operativo reale. Un record ancora imbattuto.
E soprattutto, anche questa prima volta, dall’Alto Comando, “Bravo Zulu”!
Ma, come ogni essere umano, anche i velivoli hanno una nascita ed una fine.
Anche loro sono soggetti ad una vita “calendariale”.
L’Atlantic, sia per la nota robustezza fisica sia per le attenzioni e le cure che gli uomini, equipaggi e tecnici, gli dedicano, ha sempre goduto ottima salute!
Tuttavia, quaranta anni per un velivolo corrispondono a circa ottanta dell’uomo e, la celebrazione del 40° Anniversario dell’arrivo del primo esemplare in Italia, a Sigonella, è stato sì un evento carico di emotività in particolare per noi “decani”, ma anche un segnale forte che l’Atlantic sta concludendo la sua brillante carriera nei Reparti Antisom dell’Aeronautica.
E allora, cara “Astronave”, grazie per le emozioni che ci hai regalato, grazie per la tua fedeltà, grazie per la stimolante compagnia, grazie per averci sempre riportati a casa!

Testo: Generale Francesco Catalano, in congedo e già Comandante del 41° Stormo Antisom di Sigonella